Sinossi

Introduzione, prefazione e prologo preparano il terreno dove poi sarà piantato il seme dello spirito. Come coltivarlo è raccontato dai capitoli intermedi dal primo al settimo, dove è anche raccontato l’incredibile viaggio di tre giorni a Medjugorje della mia famiglia e dei miei amici Vitocchio e Noemi. L’ottavo capitolo raccoglie il frutto della pianta dello spirito ormai cresciuta trattando la morale e come orientare l’uomo nella giusta direzione, demolendo anche scientificamente il falso credo che l’ha portato a disorientarsi. Epilogo, postfazioni e appendici completano il libro.
Il testo inizia evidenziando “il Miracolo Medjugorje”: le incredibili visioni dei veggenti, i messaggi continui comunicati dalla Vergine, lacrimazioni, fenomeni solari e tutto ciò che ha portato Medjugorje a uscire dall’anonimato, fino a diventare il principale luogo di pellegrinaggio.  Poi viene esposta l’importanza della spiritualità sulla vita di ciascuno di noi: sia come salvezza sia come segreto per una giusta vita terrena. Con riferimenti storici oltre che biblici. In questo contesto inizia il nostro viaggio a Medjugorje, tempestato di magia, emozioni, miracoli e segni.
Il momento centrale di tutta la narrazione è di certo l’ascesa al colle Krizevac, dove il gruppo di amici è testimone di un clamoroso e inspiegabile prodigio, vicino alla Grande Croce:
«Stavamo raccogliendo le ultime cose per poi cominciare la discesa dal monte quando la coda del mio occhio colse dei movimenti strani. Mi voltai e vidi due anziani; uno stava scappando mentre la donna era rimasta pietrificata con la schiena schiacciata contro il basamento della croce. Aveva le braccia aperte e guardava il cielo. Il tappeto di nuvole nere si era come aperto, in direzione del sole, e lo stesso ruotava vertiginosamente lasciando una scia di colori. Noemi, davanti a me, rimase anch’ella impietrita, gli occhi di Andreina si riempirono di lacrime, Mattia non sapeva come comportarsi e saltava, rideva, gioiva. Marco, invece si era steso in terra, immobile. Passarono minuti lunghissimi. Intorno al sole si formavano continuamente luci colorate che si staccavano e ruotavano formando una specie di girandola sullo sfondo nero delle nuvole, cariche di pioggia».
Nello straordinario piano della redenzione, l’unica cosa richiesta all’uomo è appunto avere fede. E i prodigi, infine, servono solo a chi ha fatto di un arido scetticismo la sua bandiera.
A tratti il racconto diventa divertente: data la mia somiglianza a Paolo Brosio; e per la presenza del mio amico Vitocchio, disorientato e incredulo per tutto quello che gli sta capitando. A tratti diventa toccante: visto l’enorme miglioramento del mio bambino autistico Marco; alle testimonianze d’inspiegabili guarigioni; e alle riflessioni profonde sull’amore e sul senso della vita.
La modernità è un tempo difficile mentre l’uomo sembra vinto e asservito alla legge del divenire. Caotico e confuso, circola in tondo come fosse in un girone dantesco, con la brama d’arrivare ma senza la voglia di conoscere.
Una semplice spontanea dichiarazione può riunire sotto lo stesso tetto un grande numero di uomini, più o meno coscienti della loro domanda di spiritualità: «Tutte quelle persone che hanno solo una minima percezione che la vita non sia tutta qui».
L’esperienza di Medjugorje ha agito per me quale atto fondante del mio cammino di fede.
Ci siano di esempio i templari, che solevano fare voto di povertà mentre erano ricchi e stimati campioni di conoscenza. Erano forse degli sciocchi? A loro si guardi, mentre pensiamo alla moderna e volgare idea di ‘successo’, almeno in senso evolutivo. E se proprio dobbiamo guardare a Darwin, e alle sue categorie ‒ duramente contestate e al quale sono imputati i mali moderni del materialismo, dell’ateismo e del razzismo ‒ si guardi come questi disvalori siano irrilevanti per la nostra specie.