Articolo Simone Bandini

«3 giorni a Medjugorje» un racconto commovente che sarà presto un libro

«Ma sappi questo, che negli ultimi giorni ci saranno tempi difficili. Poiché gli uomini saranno amanti di se stessi, amanti del denaro, millantatori, superbi, bestemmiatori, disubbidienti ai genitori, ingrati, sleali, senza affezione naturale, non disposti a nessun accordo, calunniatori, senza padronanza di sé, fieri, senza amore per la bontà, traditori, testardi, gonfi d’orgoglio, amanti dei piaceri anziché amanti di Dio». (2, Timoteo 3:1-5)

Un viaggio inedito per l’Ing. Maurizio Marrani: da una vita metodica, dove regna la professione e vince l’aridità del calcolo, a un cammino di conoscenza e fede dove l’amore è il più alto fattore. Un bambino autistico, Marco, il vivace fratellino Mattia, la moglie ‘miscredente’ Andreina ‒ ma oggi non più! ‒ e gli amici Noemi e Vitocchio, del quale si danno descrizioni davvero esilaranti. La ‘rivoluzione’ è servita, ed è tutta in questi tre giorni spesi a Medjugorje. Un racconto commovente che sarà presto un libro.

La modernità è un tempo difficile mentre l’uomo sembra vinto e asservito alla legge del divenire. Caotico e confuso, circola in tondo come fosse in un girone dantesco, con la brama d’arrivare ma senza la voglia di conoscere.
Una semplice spontanea dichiarazione può riunire sotto lo stesso tetto un grande numero di uomini, più o meno coscienti della loro domanda di spiritualità: «Tutte quelle persone che hanno solo una minima percezione che la vita non sia tutta qui». Ed è proprio la fede in Dio e la fiducia nell’uomo ad aver spinto Marrani alla stesura del libro, col suo animo nuovo, sedotto e pervaso d’amore.
«Beati i poveri in spirito, perché di loro è il regno dei cieli» recita il Vangelo. Dalla rilettura del greco ptochòs si evince il significato ulteriore di povero, ovvero ‘mendicante’. Ecco che l’enunciazione assume una valenza rivelatrice: beato è dunque «chi mendica in Spirito» ovvero è alla ricerca dello Spirito Santo e ha appena iniziato il suo viaggio di conoscenza.
Per questo l’esperienza di Medjugorje agirà per l’autore quale atto fondante del suo cammino di fede. E per il lettore sarà un invito forte a seguirlo, dimenticandosi l’indifferenza del suo tempo, quando ogni giudizio indistinto trova la sua giustificazione mentre Satana soffia sulla fornace del materialismo con il placet dei mass-media che propinano modelli di successo immondi e immorali.
Ci siano di esempio i templari, che solevano fare voto di povertà mentre erano stimati campioni di conoscenza. Erano forse degli sciocchi? A loro si guardi, mentre pensiamo alla moderna e volgare idea di ‘successo’, almeno in senso evolutivo. E se proprio dobbiamo guardare a Darwin, e alle sue categorie ‒ duramente contestate dall’autore e al quale sono imputati i mali moderni del materialismo, dell’ateismo e del razzismo ‒ si guardi come questi disvalori siano irrilevanti per la nostra specie.
Il racconto di Marrani è disseminato di visioni e appelli al lettore, affinché egli non abbandoni la propria vocazione alla conoscenza e assecondi il suo desiderio di crescita interiore, la sua personale ricerca della verità. Come nella delicata visione di una tortora, appollaiata sul braccio destro di una croce, presso una fonte. Serena, non è spaventata dal passaggio degli uomini: «Non abbandonare alle belve la vita della tua tortora» (Salmo 74:19). Il racconto è appunto pregno di riferimenti biblici ed esplorazioni esoteriche che lo rendono misterioso e ad un tratto intrigante.
Ma il momento centrale di tutta la narrazione è di certo l’ascesa al colle Krizevac, dove il gruppo di amici è testimone di un clamoroso e inspiegabile prodigio, vicino alla Grande Croce: «Stavamo raccogliendo le ultime cose per poi cominciare la discesa dal monte quando la coda del mio occhio colse dei movimenti strani. Mi voltai e vidi due anziani; uno stava scappando mentre la donna era rimasta pietrificata con la schiena schiacciata contro il basamento della croce. Aveva le braccia aperte e guardava il cielo. Il tappeto di nuvole nere si era come aperto, in direzione del sole, e lo stesso ruotava vertiginosamente lasciando una scia di colori. Noemi, davanti a me, rimase anch’ella impietrita, gli occhi di Andreina si riempirono di lacrime, Mattia non sapeva come comportarsi e saltava, rideva, gioiva. Marco, invece si era steso in terra, immobile. Passarono minuti lunghissimi. Intorno al sole si formavano continuamente luci colorate che si staccavano e ruotavano formando una specie di girandola sullo sfondo nero delle nuvole, cariche di pioggia».
Nello straordinario piano della redenzione, l’unica cosa richiesta all’uomo è appunto avere fede. E i prodigi, infine, servono solo a chi ha fatto di un arido scetticismo la sua bandiera.

                  (Articolo su Valley life di Simone Bandini, editore)